Cure palliative: la legge c’è. Ma la realtà qual’è?

mani nelle mani

Nel 2010 è stata emanata la “Legge 15 Marzo 2010 n. 38” concernente “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010).
Si tratta di una legge fortemente innovativa, che per la prima volta garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.
La legge, tra le prime in Europa, tutela all’art. 1 “il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore”, ed individua tre reti di assistenza dedicate alle cure palliative, alla terapia del dolore e al paziente pediatrico. Per quest’ultimo, inoltre riconosce una particolare tutela ed attenzione come soggetto portatore di specifici bisogni ai quali offrire risposte indirizzate ed adeguate alle sue esigenze e a quella della famiglia che insieme deve affrontare il percorso della malattia.
Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei principi fondamentali della tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione; della tutela e promozione della qualità della vita in ogni fase della malattia, in particolare in quella terminale, e di un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.

Come spesso succede nel nostro Paese, nonostante una Legge così esplicita, non tutto il territorio Nazionale è raggiunto in eguale maniera da un servizio di cure palliative, soprattutto a domicilio. Spesso si ricorre agli ospedali che diventano, purtroppo, l’unico luogo di morte. Sostengo e sosterrò sempre che tutti abbiamo diritto di morire a casa nostra, con i nostri affetti, i nostri profumi, i nostri ricordi oppure in luoghi protetti e finalizzati al trattamento dei bisogni di una persona alla fine della vita (Hospice). Bisogni che richiedono specifiche professionalità infermieristiche, mediche e che non sono certo assimilabili alle necessità esistenti in un percorso di “cura attiva” svolto in una struttura ospedaliera. La terminalità di una persona è altra fase di cura e non è certo un ospedale o una clinica il luogo adatto ove morire (salvo eventi acuti imprevedibili). Ancora troppo spesso ci si scontra con un’idea sbagliata di cosa siano e a cosa servano le cure palliative, soprattutto alla fine della vita e di quanto sia importante un’attivazione precoce del servizio. Spesso invece accade di arrivare troppo tardi e di dover “preparare” una famiglia ad un evento imminente e imprevisto poiché ospedale e territorio ancora, a mio avviso, non parlano la stessa lingua. E’ assurdo che gli operatori, medici e infermieri, di una struttura ospedaliera NON sappiano cosa siano e come funzionano le cure palliative domiciliari o più in generale l’assistenza domiciliare integrata.
La legge c’è. Ma è la sensibilità e la professionalità delle persone a farne una buona legge, oltre che ovviamente alle risorse investite dalle pubbliche amministrazioni.

Cristian Riva