La grande bellezza

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La grande bellezza

“Questa piega mi fa schifo”

“Vorrei fare il colore, anzi no solo qualche colpo…anzi no solo le punte…anzi…un attimo…”

“No io questo prodotto non lo voglio mi secca troppo il capello”

“Uffa queste doppie punte possibile non ci sia nulla da fare?”

….

Passi 30 minuti dal mio parrucchiere, osservi, le vedi in gruppo che giocano a chi si lamenta meglio, a chi elargisce il suo dramma del giorno che passa da una doppia punta ad una tinta da scegliere.

Esattamente 30 minuti prima sei da G., 30 anni, un bel viso, bianco, quasi trasparente ed una chioma da leonessa. “Una parrucca da leonessa” dice lei, che rispetta il suo animo e la sua voglia di combattere contro la malattia che la sta portando alla morte. Si lamenta G., ha la nausea, il dolore arriva all’improvviso e deve parlare con il suo bambino, gli deve dire che é ammalata. Sorride quando si toglie la parrucca ed é bellissima. Sorride toccandosi la testa pelata, ci scherza e si prende in giro. Lei, G. non ha il dramma della tinta o delle doppie punte. Anzi, per assurdo lei non sta vivendo alcun dramma, al contrario di chi dovrebbe, prima di lamentarsi a sproposito, riflettere e conoscere queste chiome da leonesse nella speranza di capire cosa sia la vera bellezza della vita: la vita stessa.

Cristian

Cure palliative: non solo dolore.

mani nelle mani
Si pensa sempre al dolore fisico, per una persona alla fine della vita o con diagnosi oncologica, come il sintomo peggiore. Non é così, anzi, é proprio il dolore fisico che riusciamo, salvo casi eccezionali, a controllare sempre. Tengo molto a questo concetto anche per un altro motivo ovvero il luogo comune per cui le “cure palliative” pensino al solo trattamento del dolore, quando invece é la parte, spesso, meno importante. Il sintomo dolore si esprime in vari modi: fisico, esistenziale, comportamentale, … Ecco perché é importante capire che chi si occupa di cure palliative ruota a 360 gradi intorno a tutta la sintomatologia che una persona alle prese con una patologia avanzata può incontrare durante il suo percorso. Oggi i farmaci (oppiacei e non) offrono a chi si occupa di gestire il sintomo dolore innumerevoli possibilità di azione con minimi o quasi assenti effetti collaterali. Ma di questo parleremo un’altra volta. Oggi voglio provare a descrivere uno dei “dolori” più grandi che una persona possa incontrare, un sintomo che é di per se impalpabile ma tremendamente invalidante: la stanchezza.
É di oggi la frase di un mio paziente :”sono così stanco che non riesco nemmeno a stare seduto”. Questo vuol dire che l’unica posizione accettabile non avendo energie alcune da utilizzare é lo stare a letto. Lucidi e consapevoli, intrappolati in un corpo che non prova dolore fisico, ma che non risponde più alle funzioni più semplici, anche a quelle “passive”. Una stanchezza tale da non riuscire a parlare e spesso nemmeno ad ascoltare. Tutto é fatica. Tutto é davanti ai tuoi occhi. Tutto é in salita e non c’é niente dal punto di vista farmacologico di così efficace contro questo tipo di stanchezza, salvo la terapia con cortisone che spesso risulta responsiva solo per brevi periodi. Dobbiamo pensare ad una stanchezza totale, fisica e mentale, ad una sensazione di svuotamento, di fatica che diventa esistenziale poiché inaccettabile. Spesso l’astenia (stanchezza) estrema non é accompagnata da inappetenza. Non é un problema di introito calorico o di liquidi. É un altra cosa, é la malattia che ti sequestra ogni energia, che ti ruba tutto ciò che puoi fare, anche di poco, in una giornata.
Lo ritengo uno dei dolori peggiori anche perché é difficilmente trattabile. Un mio paziente un giorno mi disse “: così é come se fossi già morto prima di morire, respiro, ma non riesco a fare altro”. Capite bene che una situazione del genere diventa inaccettabile ed é spesso motivo di sconforto anche nei familiari che chiedono riposte al sintomo. É difficile comprendere come si possa affrontare persino la difficoltà respiratoria o un dolore atroce fino a farlo scomparire ma non riuscire ad infondere energia a queste persone. Quanti miei pazienti mi dicono che era molto meglio il dolore, ma vissuto in piedi. Ecco perché cercherò anche nei prossimi post di descrivere quali siano i sintomi più difficili da gestire e da affrontare e, ripeto, raramente mi sentirete parlare di dolore fisico.
Le cure palliative servono a “palliare”, a proteggere. Il pallio era il mantello usato nell’antica Grecia come accessorio di protezione. E sotto questo mantello chi si occupa di cure palliative non ha a che fare solo con il dolore ma con tutta un’altra serie si sintomatologie, fisiche e non, spesso sconosciute o non considerate da chi non gestisce pazienti di questo tipo. Anche per questo motivo é riduttivo parlare di “terapia del dolore” salvo la conoscenza che dietro la parola dolore si nasconde un mondo fatto di mille altre problematiche riguardanti il paziente, ma anche la famiglia, poiché quando c’è un malato in casa si é ammalati un po’ tutti e il nostro mantello deve essere sufficientemente grande per proteggere l’intero contesto familiare.

A presto.

Cristian