Testamento Biologico e Sedazione palliativa terminale : facciamo chiarezza.

L’Italia era, ancora una volta, uno dei pochissimi Paesi a non avere una legge sul testamento biologico che mette i cardini a due principi essenziali. Nessun trattamento può essere applicato al paziente se lo stesso non é consenziente (esso può rifiutare liberamente qualsiasi procedimento, compresa idratazione e nutrizione artificiale). Inoltre potrà rifiutare o accettare in anticipo i trattamenti che verranno praticati anche alla fine della vita, nominando un fiduciario o un amministratore di sostegno.

Fonte Youreporter.it

Per ciò che concerne la spt (sedazione palliativa terminale) la stessa é di fatto già compresa come terapia nelle cure palliative entrando a pieno titolo nei Lea (livelli essenziali di assistenza) già dal 2010 con la legge 38. É un atto terapeutico che consente di liberare il paziente dalla sofferenza. Non é una procedura invasiva e si attua attraverso la somministrazione di farmaci sedativi in maniera continuativa tale da mantenere l’obiettivo principe della sedazione: far dormire il paziente, abbassando o annullando lo stato di coscienza, per non farlo più soffrire. (non potremo guarire il sintomo refrattario ma sarà nostro dovere non farlo vivere al malato in fase terminale). Nulla a che vedere con l’Eutanasia che invece é la volontà di porre fine alla vita immediatamente su esplicita richiesta del paziente. Il biotestamento é un grande passo di civiltà per il nostro paese ma nello specifico la sedazione palliativa terminale fa già parte di una delle tante procedure curative che si utilizzano alla fine della vita proprio attraverso le cure palliative. Diversi documenti scientifici internazionali e nazionali (redatti ad esempio dal Comitato per la bioetica o la Società Italiana di cure palliative) affermano l’assoluta appropriatezza etica della sedazione palliativa terminale. La decisione di praticare tale terapia é in prima istanza sempre del paziente che la può chiedere già all’inizio del percorso di cure palliative. (chiederla non significa attuarla precocemente); ovvero un paziente consapevole della propria diagnosi e prognosi potrà già da subito confrontarsi con l’equipe di cure palliative e stabilire, nel momento in cui la sofferenza sarà eccessiva o uno o più sintomi saranno refrattari a qualsiasi terapia sintomatica, di essere sedato. Un vero e proprio mandato che il paziente consegna nelle mani dell’equipe curante che dovrà essere assolutamente rispettato. Alla base di tutto ciò fondamentale é l’attivazione precoce delle cure palliative al fine di consentire un’alleanza terapeutica efficace tra l’equipe di cura, il paziente e i familiari. Un processo decisionale condiviso e rafforzato nel tempo.

La relazione di cura. Una vera alleanza terapeutica.

Diversa una condizione di urgenza alla fine della vita (solitamente la stessa coincide purtroppo con una mancata o tardiva attivazione delle cure palliative o un repentino cambiamento delle condizioni cliniche) ove sarà il sintomo refrattario (che quasi mai é il dolore fisico), ad esempio una grave difficoltà respiratoria, un’agitazione e inquietudine non più trattabile, anche la paura della morte che si sta avvicinando, che pone il paziente in una condizione di tale stress psico-fisico che diventa ingestibile e intrattabile con i farmaci sintomatici. Sarà dovere, clinico ed etico, del medico palliativista attuare la terapia sedativa che, in questi casi di sofferenza estrema nella fase finale della vita, sarà l’unico intervento efficace per garantire al paziente una morte dignitosa. É nostro dovere mantenere la più alta qualità di vita durante la malattia ma necessariamente garantire una morte che sia la più dignitosa possibile. Ove un sintomo, in fase terminale, diventa ingestibile, l’unica certa protezione contro la sofferenza, la cosiddetta situazione definita come “dolore totale” di quel momento (e delle ore o giorni successivi, poiché la sedazione non accorcia i tempi di vita, a volte li allunga proprio perché si toglie dal vissuto fisico e psicologico tutta la sofferenza) sarà proprio far dormire il paziente cosicché da non fargli vivere in piena lucidità e coscienza una condizione inaccettabile sotto il profilo clinico, ma anche umano.

Prima di morire, Marina Ripa di Meana ha voluto lasciare un video-messaggio con un forte appello: “fate sapere ai malati terminali ormai senza speranza che si può morire senza dolore grazie alla sedazione palliativa profonda e quindi l’Eutanasia non é l’unica strada.”

Marina Ripa di Meana con i suoi cani (Fonte: Ansa)

Dobbiamo ringraziare Marina poiché in Italia, pur avendo una legge che garantisce l’accesso alle cure palliative a tutti i cittadini, di qualsiasi età (la sopracitata legge 38/2010), questa tipologia di servizio é poco conosciuta (non solo dai cittadini ma anche dagli operatori sanitari che non si occupano di fine vita) e, purtroppo, praticata ancora troppo “a macchia di leopardo”. Le cure palliative esistono e devono essere attuate in qualsiasi contesto poiché in un Paese civile non si deve subire alcuna sofferenza gratuita! (Clicca QUI per approfondire)

Clicca sull’immagine* per leggere il mio post “La legge c’é, ma la realtà qual’è?

*Fotografia realizzata da Euro Barelli di Fotostudio Immagini in occasione della mostra Zona Rossa  (Clicca QUI per visitare il sito)

A mio parere é soprattutto a domicilio che devono essere potenziate ,su tutto il territorio Nazionale, per far sì che venga raggiunto un altro grande passo di civiltà: avere la possibilità di morire nella propria casa, con i propri affetti, supportati da un equipe di professionisti (Medico palliativista e Infermiere reperibili h24 7/7, Operatore Socio Sanitario, Psicologo,…) attraverso un percorso di accompagnamento e supporto condiviso senza mai dimenticare che la nostra presenza é, sempre, per il paziente e con il paziente.

Cristian

Sedazione palliativa terminale: grazie a Nurse24.it

Il logo di Nurse24.it (Fonte: web) Cliccateci sopra per visualizzare il sito.

Grazie a tutta la Redazione di Nurse24.it per aver ripreso correttamente il mio articolo redatto su questo blog in merito alla sedazione palliativa terminale, dopo le dichiarazioni di Marina Ripa di Meana, recentemente scomparsa.

Potete leggerlo cliccando QUI.

Una testata giornalistica seria, professionale e all’avanguardia tecnologicamente (piattaforma web, applicazione gratuita per smartphone, video, podcast, dossier, video-interviste, forum,… e molto altro ancora). Una porta costantemente aperta sul mondo infermieristico e sanitario utile a tutti i professionisti del settore ma anche al cittadino che potrà trovare sempre spunti molto interessanti.

Ringrazio la Redazione per aver inserito nell’ultimo podcast il mio articolo come una delle notizie rilevanti della settimana.

Ascoltate il podcast della settimana cliccando sull’immagine.

Grazie per il lavoro che fate e soprattutto per come lo fate e per l’attenzione che dedicate alle cure palliative e al sottoscritto, fin dal 2014, anno di pubblicazione del mio primo libro.

Buona informazione a tutti!

Cristian

 

Sedazione palliativa: conferme e qualche sassolino nelle scarpe in meno

Recensione di “Coraggio e Paura” del Dr. Luciano Orsi per la Società Italiana di cure Palliative. Clicca sull’immagine per leggere il testo. (Fonte Sicp)

Sedazione palliativa terminale : le conferme che aspettavo dopo alcune inutili, sterili e infondate polemiche dei soliti “leoni da tastiera”

Mi fa molto piacere riscontrare nelle parole del Dr. Luciano Orsi (la sua intervista cliccando QUI) ciò che ho scritto recentemente sulla sedazione palliativa terminale, ripreso anche dal quotidiano La Stampa e da varie testate giornalistiche online, spazzando così via ogni dubbio e qualche critica senza alcun fondamento, persino da professionisti addetti ai lavori, che probabilmente hanno gestito un malato terminale a domicilio piú sui libri, che nella loro quotidianità.

(Potete leggere il mio articolo cliccando QUI).

La più simpatica resta quella che il sottoscritto sia alla ricerca di “like”, parlando della scomparsa di Marina Ripa di Meana, dimenticandosi di tutte le persone comuni!

Si certo, proprio io.

Che ho scritto un libro (ha avuto successo si, lo scrivo con orgoglio ed ora sto ultimando il secondo) dove racconto storie di persone comuni e tutti i ricavati sono destinati tutt’ora a chi sta peggio di noi attraverso un po’ di iniziative documentate cliccando QUI

Che scrivo su un questo piccolo blog dando voce alle persone comuni, alle difficoltà che hanno riscontrato (personali oppure del sistema quali attivazioni tardive, dimissioni NON protette, rifiuto da parte del Medico di Assistenza Primaria ad attivare il servizio, sofferenza e dolore durante un ricovero in una struttura magari definita come Ospedale senza dolore, ect…) oppure che meritano di essere raccontate poiché sono grandi esempi di amore, di coraggio ed è anche un modo per diffondere, sensibilizzare,avvicinare cittadini e operatori sanitari alle cure palliative domiciliari e non.

Sapete una cosa? Non mi conoscete affatto. Anzi, forse da fastidio che un infermiere possa scrivere e non solo eseguire?. Forse da fastidio evidenziare le criticità non capendo che l’unico scopo é cercare di migliorare un servizio in continua evoluzione ultimamente tempestato da una burocrazia inimmaginabile che toglie tempo al paziente? Già direi proprio che vado alla ricerca di “like”… quando il mio unico interesse é lavorare al meglio con il paziente e per il paziente senza “like” o ricerca di poltrone in prima fila.

Per fortuna esistono tanti Medici come Luciano che riconoscono e credono da sempre nel valore professionale dell’equipe di cura e nelle competenze di ognuno senza porsi su alcun piedistallo, tutt’altro. D’altronde é storia proprio di oggi  che un medico ospedaliero non abbia voluto leggere una mia relazione su un paziente (in merito alla gestione del suo catetere vescicale a domicilio) poiché – e riporto – ” io non leggo nulla scritto da un Infermiere, non mi interessa proprio”. Peccato che essendo il paziente in grosse difficoltà ad esprimersi così come la parente, trattandosi di tecnicismi,  avrebbe potuto fare la differenza sull’esito della visita e su decisioni da intraprendere (riposizionamento o meno del catetere vescicale, tipologia del presidio,ect…) Risultato? Chi l’ha pagata è stato, ancora una volta, l’utente.

C’é un mondo oltre il vostro camice e il fonendoscopio al collo che si chiama Luigi, Maria, Renato, Assunta, Davide,… con le loro fragilità e il loro grande bisogno di ascolto. Utilizzate lì le vostre energie, non sprecatele con il sottoscritto poiché fate un grosso buco nell’acqua. Non faccio di tutta un’erba un fascio ma non posso nemmeno non raccontare taluni episodi per ciò che sono poiché è troppo semplice criticare a prescindere, senza motivare con logica ma solo attaccando per il gusto di farlo. (acchiappalike è stupenda e stucchevole). Ecco perchè attendevo una dichiarazione autorevole in merito alla sedazione palliativa scoprendo senza sorpresa alcuna di essere totalmente in linea con essa.

Buon lavoro d’Equipe a tutti e, Dr. Luciano Orsi, ancora una volta, grazie.

E grazie a Marina per aver, forse inconsapevolmente, alimentato un dibattito che da troppo tempo necessitava (e necessiterà ancora) di tanta informazione e chiarezza. Grazie da parte di Luigi, Maria, Renato, Assunta, Davide,…anche a loro dobbiamo dar voce!

Un abbraccio.

Cristian

Sedazione palliativa terminale: questa sconosciuta.

Marina Ripa di Meana con i suoi cani (Fonte: Ansa)

Sedazione palliativa terminale: ancora una volta la necessità di informare e fare chiarezza.

La scomparsa di Marina Ripa di Meana con il suo generoso appello a tutti i malati terminali ha, ancora una volta, fatto emergere quanto ci sia bisogno di informazione in ambito palliativo e di fine vita. Ho letto post di persone meravigliate, allibite di fronte alla possibilità di praticare la terapia sedativa in condizioni di terminalità. “Ma in Italia si può?”. Di per sé la domanda già nasconde la netta confusione : sedazione palliativa non significa eutanasia. É un atto terapeutico dovuto che non procura la morte del paziente, nemmeno la anticipa (per esperienza a volte prolunga la vita di qualche giorno, poiché é come togliere dai carboni ardenti una persona a piedi scalzi). L’esempio che ho fatto mio e che spesso propongo nella mia quotidianità é il seguente: é come se il vostro caro stesse cadendo da un grattacielo. La caduta non la possiamo fermare, ma venti materassi “all’atterraggio” dobbiamo metterli onde evitare lo schianto sull’asfalto. Mi si chiedeva oggi chi sceglie quando attuare la sedazione, a chi spetta il compito di decidere. Cercherò di essere il più esaustivo possibile premettendo che ogni situazione é diversa dalle altre, ogni porta che varchi ti apre mondi (e difficoltà) totalmente differenti. Può essere il paziente a decidere, a priori, la sedazione palliativa (a priori intendo che concorda già con noi tale terapia nel momento in cui lo stesso sarà invaso da sintomi  inaccettabili e refrattari alla fine della vita.) Non é quasi mai il dolore fisico che porta la persona a scegliere di essere sedata poiché il sintomo dolore é spesso l’ultimo dei nostri problemi anche grazie alle molteplici possibilità che la farmacologia odierna ci mette a disposizione, grazie all’utilizzo di farmaci oppiacei e non in combinazione con altre molecole in base alla sede,alla tipologia,al comportamento, all’ascolto del paziente (la descrizione del dolore é fondamentale). Formulazioni a rapidissima azione anche per il breakthrough pain (BTcP, ovvero episodi di dolore episodico ma molto intenso) somministrabili a livello sublinguale, o sottoforma di spray nasale arrivando persino a compresse “a bastoncino” da applicare attraverso la mucosa della cavità orale (quest’ultima formulazione permette al paziente di interrompere la somministrazione del farmaco, a sintomo risolto, ancor prima di aver raggiunto l’intera dose della compressa, semplicemente interrompendo il contatto con la mucosa orale).

Invece altri sintomi quali una stanchezza inimmaginabile (é uno degli esempi ma ne potrei citare a decine) che rende la persona dipendente in tutte le attività della vita quotidiana può essere già una condizione di tale stress psicofisico e di angoscia refrattaria ad ogni terapia (in condizioni di terminalità) che pone  assolutamene l’indicazione alla terapia sedativa. Così come l’avere troppa paura, un’angoscia che diventa invivibile,  incontrollabile, ect…
Il paziente é il nostro faro guida. D’altronde noi siamo li per lui e non faremmo cure palliative se non assecondassimo le sue richieste, ove lo stesso alla fine della vita potrà essere invaso da tale e tanta sofferenza da non essere piú gestita con i farmaci di supporto tradizionali o sintomatici . Ove il paziente non é a conoscenza della sua condizione (spesso si apprende la diagnosi ma non la prognosi e in molte persone, nonostante l’evidenza, scatta un meccanismo di negazione che li protegge da una realtà troppo dura) é il sintomo o più sintomi refrattari che decidono per noi. Ad esempio una dispnea non più trattabile (difficoltà respiratoria) andrà sempre gestita sedando il soggetto onde evitare che la morte con sensazione di soffocamento si presenti in condizioni di vigilanza.

Il nostro obiettivo é la qualità di vita prima e di morte poi, che devono essere assolutamente dignitose. Ovviamente per raggiungere un alleanza terapeutica tale (anche con i familiari) l’attivazione delle cure palliative domiciliari (io lavoro da 15 anni solo a domicilio) dovrà essere il più precoce possibile cosicché si costruisca insieme un percorso di alleanza terapeutica con e per il paziente che, ripeto, decide per se stesso se é nelle condizioni di farlo (consapevolezza o condizioni psicofisiche); se non lo fosse più ma ha già concordato con noi precedentemente la sedazione in determinate condizioni (sintomi refrattari) é nostro obbligo clinico, etico e giuridico mantenere il suo mandato. Ove non c’é consapevolezza alcuna e nessun consenso sarà sempre il sintomo refrattario che ci guiderà poiché mai e poi mai un mio paziente é morto tra atroci sofferenze, altrimenti vorrebbe dire non fare cure palliative ma altro. Il tutto accompagnato da un grande lavoro relazionale, educativo e di supporto alla famiglia.

É doveroso precisare che la recente approvazione  (finalmente!) della Legge sul Testamento Biologico punta ad affermare due principi fondamentali. Il primo: nessun trattamento può essere praticato al paziente se questi non è consenziente, dunque il malato è libero di rifiutare o accettare qualsiasi tipo di procedimento, compresa la nutrizione e idratazione artificiale. Il secondo: il paziente può rifiutare o accettare in anticipo i trattamenti che gli verranno somministrati in fase terminale, nominando fin da subito un fiduciario o un amministratore di sostegno.

Le Cure palliative, che grazie alla legge 38 del 2010 vengono garantite (dovrebbero perlomeno, ma purtroppo la realtà è un po’ diversa dalla normativa) a tutti i cittadini, di qualsiasi età, invece rientrano già a pieno titolo nei LEA (livelli essenziali di assistenza).

Ecco perché “Una legge ad hoc sulla sedazione non avrebbe senso, semplicemente perché si tratta di una delle tante procedure curative che si utilizzano nella fase avanzata e terminale di una malattia. Ci sono diversi documenti delle società scientifiche internazionali, del Comitato nazionale per la bioetica e della stessa Società Italiana di Cure Palliative, che affermano la liceità etica della sedazione palliativa, chiarendo una volta per tutte che si tratta di una terapia lontanissima dall’eutanasia.” ( Dr. Luciano Orsi – Società Italiana di Cure palliative -)

Grazie Marina, il tuo appello servirà a molte persone, perlomeno ad incuriosirle e di conseguenza ad approfondire l’argomento.

Cristian