Sedazione palliativa terminale: grazie a Nurse24.it

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Grazie a tutta la Redazione di Nurse24.it per aver ripreso correttamente il mio articolo redatto su questo blog in merito alla sedazione palliativa terminale, dopo le dichiarazioni di Marina Ripa di Meana, recentemente scomparsa.

Potete leggerlo cliccando QUI.

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Ringrazio la Redazione per aver inserito nell’ultimo podcast il mio articolo come una delle notizie rilevanti della settimana.

Ascoltate il podcast della settimana cliccando sull’immagine.

Grazie per il lavoro che fate e soprattutto per come lo fate e per l’attenzione che dedicate alle cure palliative e al sottoscritto, fin dal 2014, anno di pubblicazione del mio primo libro.

Buona informazione a tutti!

Cristian

 

Sedazione palliativa terminale: questa sconosciuta.

Marina Ripa di Meana con i suoi cani (Fonte: Ansa)

Sedazione palliativa terminale: ancora una volta la necessità di informare e fare chiarezza.

La scomparsa di Marina Ripa di Meana con il suo generoso appello a tutti i malati terminali ha, ancora una volta, fatto emergere quanto ci sia bisogno di informazione in ambito palliativo e di fine vita. Ho letto post di persone meravigliate, allibite di fronte alla possibilità di praticare la terapia sedativa in condizioni di terminalità. “Ma in Italia si può?”. Di per sé la domanda già nasconde la netta confusione : sedazione palliativa non significa eutanasia. É un atto terapeutico dovuto che non procura la morte del paziente, nemmeno la anticipa (per esperienza a volte prolunga la vita di qualche giorno, poiché é come togliere dai carboni ardenti una persona a piedi scalzi). L’esempio che ho fatto mio e che spesso propongo nella mia quotidianità é il seguente: é come se il vostro caro stesse cadendo da un grattacielo. La caduta non la possiamo fermare, ma venti materassi “all’atterraggio” dobbiamo metterli onde evitare lo schianto sull’asfalto. Mi si chiedeva oggi chi sceglie quando attuare la sedazione, a chi spetta il compito di decidere. Cercherò di essere il più esaustivo possibile premettendo che ogni situazione é diversa dalle altre, ogni porta che varchi ti apre mondi (e difficoltà) totalmente differenti. Può essere il paziente a decidere, a priori, la sedazione palliativa (a priori intendo che concorda già con noi tale terapia nel momento in cui lo stesso sarà invaso da sintomi  inaccettabili e refrattari alla fine della vita.) Non é quasi mai il dolore fisico che porta la persona a scegliere di essere sedata poiché il sintomo dolore é spesso l’ultimo dei nostri problemi anche grazie alle molteplici possibilità che la farmacologia odierna ci mette a disposizione, grazie all’utilizzo di farmaci oppiacei e non in combinazione con altre molecole in base alla sede,alla tipologia,al comportamento, all’ascolto del paziente (la descrizione del dolore é fondamentale). Formulazioni a rapidissima azione anche per il breakthrough pain (BTcP, ovvero episodi di dolore episodico ma molto intenso) somministrabili a livello sublinguale, o sottoforma di spray nasale arrivando persino a compresse “a bastoncino” da applicare attraverso la mucosa della cavità orale (quest’ultima formulazione permette al paziente di interrompere la somministrazione del farmaco, a sintomo risolto, ancor prima di aver raggiunto l’intera dose della compressa, semplicemente interrompendo il contatto con la mucosa orale).

Invece altri sintomi quali una stanchezza inimmaginabile (é uno degli esempi ma ne potrei citare a decine) che rende la persona dipendente in tutte le attività della vita quotidiana può essere già una condizione di tale stress psicofisico e di angoscia refrattaria ad ogni terapia (in condizioni di terminalità) che pone  assolutamene l’indicazione alla terapia sedativa. Così come l’avere troppa paura, un’angoscia che diventa invivibile,  incontrollabile, ect…
Il paziente é il nostro faro guida. D’altronde noi siamo li per lui e non faremmo cure palliative se non assecondassimo le sue richieste, ove lo stesso alla fine della vita potrà essere invaso da tale e tanta sofferenza da non essere piú gestita con i farmaci di supporto tradizionali o sintomatici . Ove il paziente non é a conoscenza della sua condizione (spesso si apprende la diagnosi ma non la prognosi e in molte persone, nonostante l’evidenza, scatta un meccanismo di negazione che li protegge da una realtà troppo dura) é il sintomo o più sintomi refrattari che decidono per noi. Ad esempio una dispnea non più trattabile (difficoltà respiratoria) andrà sempre gestita sedando il soggetto onde evitare che la morte con sensazione di soffocamento si presenti in condizioni di vigilanza.

Il nostro obiettivo é la qualità di vita prima e di morte poi, che devono essere assolutamente dignitose. Ovviamente per raggiungere un alleanza terapeutica tale (anche con i familiari) l’attivazione delle cure palliative domiciliari (io lavoro da 15 anni solo a domicilio) dovrà essere il più precoce possibile cosicché si costruisca insieme un percorso di alleanza terapeutica con e per il paziente che, ripeto, decide per se stesso se é nelle condizioni di farlo (consapevolezza o condizioni psicofisiche); se non lo fosse più ma ha già concordato con noi precedentemente la sedazione in determinate condizioni (sintomi refrattari) é nostro obbligo clinico, etico e giuridico mantenere il suo mandato. Ove non c’é consapevolezza alcuna e nessun consenso sarà sempre il sintomo refrattario che ci guiderà poiché mai e poi mai un mio paziente é morto tra atroci sofferenze, altrimenti vorrebbe dire non fare cure palliative ma altro. Il tutto accompagnato da un grande lavoro relazionale, educativo e di supporto alla famiglia.

É doveroso precisare che la recente approvazione  (finalmente!) della Legge sul Testamento Biologico punta ad affermare due principi fondamentali. Il primo: nessun trattamento può essere praticato al paziente se questi non è consenziente, dunque il malato è libero di rifiutare o accettare qualsiasi tipo di procedimento, compresa la nutrizione e idratazione artificiale. Il secondo: il paziente può rifiutare o accettare in anticipo i trattamenti che gli verranno somministrati in fase terminale, nominando fin da subito un fiduciario o un amministratore di sostegno.

Le Cure palliative, che grazie alla legge 38 del 2010 vengono garantite (dovrebbero perlomeno, ma purtroppo la realtà è un po’ diversa dalla normativa) a tutti i cittadini, di qualsiasi età, invece rientrano già a pieno titolo nei LEA (livelli essenziali di assistenza).

Ecco perché “Una legge ad hoc sulla sedazione non avrebbe senso, semplicemente perché si tratta di una delle tante procedure curative che si utilizzano nella fase avanzata e terminale di una malattia. Ci sono diversi documenti delle società scientifiche internazionali, del Comitato nazionale per la bioetica e della stessa Società Italiana di Cure Palliative, che affermano la liceità etica della sedazione palliativa, chiarendo una volta per tutte che si tratta di una terapia lontanissima dall’eutanasia.” ( Dr. Luciano Orsi – Società Italiana di Cure palliative -)

Grazie Marina, il tuo appello servirà a molte persone, perlomeno ad incuriosirle e di conseguenza ad approfondire l’argomento.

Cristian