Un uomo senza tempo

Un uomo senza tempo

“Non esiste un altro uomocosì caro come lui…”

18.12.1937 – 10.05.2014

Questo spazio, piccolo, senza troppe pretese, é nato per parlare di cure palliative, attraverso la mia esperienza quotidiana e gli spunti che tanti di voi regalano a questo blog. Permettetemi però di raccontare questa esperienza, come quelle che racconto nei vari “diario di bordo”. Questa non é solo una storia vera, come quelle del mio libro, questa é la mia storia.

Papà si è spento serenamente la notte del 10 maggio. Sottolineo serenamente perché se mi chiedessero come vorrei morire risponderei esattamente come mio padre. Con il sorriso. Con la serenità e la consapevolezza, la maturità, la semplicità di un uomo vero e saggio. Quella saggezza che nessun diploma o laurea ti può regalare. Quella saggezza che le prove della vita disegnano sul tuo corpo, nella tua mente e nei tuoi atteggiamenti.
La consapevolezza di andarsene papà l’ha acquisita subito, non solo perché, come spesso succede, l’ha sentito ma soprattutto perché io ho parlato con lui, semplicemente, senza troppi giri di parole ma con estrema delicatezza. Era poco prima di Natale dello scorso anno. La serenità con la quale lui ha permesso a me di fargli quel discorso é stata la stessa che mi ha accompagnato sino alla notte del 10 maggio. É grazie a lui che abbiamo riso e scherzato sino a due giorni prima, nonostante il suo corpo lo avesse abbandonato da qualche giorno, mai un segno di tristezza sul suo volto, di paura, di angoscia…mai. Non é comune. Tanti mi hanno detto “beh, c’eri tu sempre con lui, sarei stato sereno pure io”; non é proprio così. La morte non guarda in faccia a nessuno e fa paura. Ecco perché dico che lui é stato davvero grande e che mi sto rendendo conto solo ora quanto era speciale, come padre lo sapevo già, come uomo. Protettivo nei confronti di tutti. Non ha voluto che venisse detto nulla a nessuno, per proteggere se stesso e, soprattutto noi, io e mamma, da telefonate, domande, incontri…sapeva bene che volevamo stare tranquilli, e così é stato.
Nei due mesi prima di lasciare il corpo ha sistemato tutte le sue cose: i suoi attrezzi in garage, l’orto, le sue amate biciclette, ha fatto lavoretti a casa sua e a casa mia…ha cercato (e ci é riuscito) di sistemare ciò che voleva lasciare in ordine (consapevole del fatto che io e mamma a malapena cambiamo una lampadina!)
Fatto tutto questo é crollato, o meglio, si é arreso alla malattia, vincendo però a pieni voti sui sintomi, poiché non c’é stato alcun sintomo. Certo ci sono stati i farmaci (pochissimi) ma c’é stata soprattutto profonda serenità interiore. Ricordo a fatica quei giorni poiché mi scatenano ancora tante, troppe emozioni. Ero lì con lui, sempre. Figlio e infermiere. Infermiere e figlio. Non é stato facile scindere i ruoli durante alcuni interventi e mantenere quella professionalità che ti permette di operare al meglio, soprattutto quando papà é entrato in sedazione. L’ho addormentato io, come ho fatto centinaia di volte, sapendo che era la cosa migliore per lui, per far si che se ne andasse nel miglior modo. Ma ho addormentato papà. Chi ha letto il mio libro capisce bene che di fronte ad un sintomo inaccettabile in fase terminale e refrattario ad ogni altra terapia (agitazione difficoltà respiratoria,…) la strada migliore per garantire una buona qualità di vita anche alla fine della stessa é proprio la sedazione palliativa. L’abolizione più o meno graduale dello stato di coscienza permette alla persona di passare, quando sarà il suo momento, dal sonno alla morte, senza sofferenza alcuna. Con papà non ho avuto esitazione alcuna, ma le emozioni di quel momento non le dimenticherò mai. E mi sono rivisto nei familiari dei miei pazienti.
Colleghi e amici mi hanno esortato più volte dicendomi che dovevo fare solo il figlio e delegare tutto il resto. Avevano sicuramente ragione, ma tutti quei giorni con lui, accanto a lui, nel letto con lui sino al suo ultimo respiro sono un dono così prezioso, così grande, così intimo che lo rifarei mille volte. E non avrei alcun dubbio a dire di nuovo “no grazie, ci sono io e voglio esserci io”.
Grazie papà per avermi dato la possibilità di conoscerti nel profondo, ho scoperto una parte di te che ignoravo completamente: la tua saggezza. É stato un grande insegnamento, l’ultimo dei tanti che mi hai dato e, come ho scritto nei ringraziamenti del mio libro, é proprio grazie a te che mi reputo una brava persona.

Tuo figlio.
Cristian

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La morte ti fa bella

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La morte ti fa bella…

Ok, penserete subito al titolo di un famoso film degli anni ’90 interpretato dai due premi Oscar Meryl Streep e Goldie Hawn. Peraltro per chi non l’avesse mai visto mi permetto di consigliarlo per una serata spensierata (ma non troppo).
In realtà il mio concetto é un altro e non vorrei eccedere nel macabro. Spesso, purtroppo, si arriva alla fine della vita oltre che anoressici, cachettici (stato di estrema magrezza legata alla malattia) e incapaci di svolgere le normali funzioni della vita quotidiana anche con lesioni di ogni tipo: da decubito, secondarismi metastatici ulcerati o con abbondante ritenzione idrica quale l’ascite (liquido in cavità addominale).
E allora perché la morte ti fa bella? Anzi, starete pensando…

Uno degli indicatori più veritieri dell’imminente avvicinarsi della fine, (in termini di poche ore) oltre alle condizioni generali che potrebbero persino non far pensare una fine così vicina, sta proprio nell’osservazione di queste anomalie del corpo che siano di tipo lesivo visibile oppure interne: tutto, qualche ora prima si sistema. Se c’é una lesione da decubito migliora inspiegabilmente in tutta velocità, a volte sino alla guarigione, oppure, ad esempio, un addome teso, gonfio, pieno di liquido nell’arco di una notte ritorna normale. Per non entrare troppo nei dettagli potrei citare tantissimi esempi visti con i miei occhi. Ecco perché la morte ti fa bella; io la vedo, pontificando un po’, come una sorta di preparazione, di auto sistemazione del corpo. In questa fase é presente la gioia dei parenti e del paziente stesso nel vedere un miglioramento così repentino che però viene sempre smentito nell’arco di poche ore.
Ovvio che c’é una spiegazione scientifica a tutto questo, ma spesso questi fenomeni sono così eclatanti che riescono a lasciarmi ancora a bocca aperta.

In ogni caso nolleggiate il film, che per me é, nel suo essere grottesco, una delle migliori commedie nere che io abbia mai visto con un messaggio di fondo non certo da sottovalutare e, soprattutto, molto moderno (il film é del 1992).

A presto
Cristian

Le storie di “Coraggio e paura”

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Come oramai sapete nel mio libro (confermata uscita attorno al 15 di Aprile) ci sono dieci storie vere, realmente vissute dal sottoscritto nel mio ambito lavorativo. Ogni storia vuole raccontare e far emergere il vissuto emozionale sia dei pazienti, sia dei familiari ma anche del sottoscritto in un momento delicato legato alla malattia e alla fine della vita. Non é un libro tecnico anche se, attraverso il racconto é chiara l’intenzione di far capire cosa sono e come si svolgono le cure palliative a domicilio. Ogni storia é preceduta da poche righe tratte da canzoni o poesie che anticipano il “cuore” della storia stessa che andrò a raccontare. Voglio con questo post anticiparvi queste righe, magari qualcuno di voi riconoscerà la canzone o la poesia, oppure sarete curiosi di capire da dove sono state tratte. Io amo molto la parola, adoro le frasi brevi ma incisive, ecco perché la scelta di voler introdurre così ogni racconto, senza dimenticare che il titolo stesso del libro oltre ad esprimere a pieno due stati d’animo sempre ricorrenti nelle mie storie, é anche il titolo di una famosa canzone.
É un piccolo assaggio per incuriosirvi sulle vicende che si celano dietro ad ogni introduzione.

“Il mio cuore è una fontana…”
(Il mio bambino – Mogol Battisti)

“…Basterà un altro compleanno…”
(Basterà – Corrado e Camillo Castellari)

“…Corri non fermarti vola io col cuore in gola correrò anche se ne morirò.”
(Sciogli i cavalli al vento – Sandro Tuminelli)

“…caro,caro vecchio mio ora corri insieme al tempo e non corri più nel vento…”
(Un uomo senza tempo – Piero & Josè/E. Lombardi)

“…Ricorderai d’avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro.”
(La madre – G. Ungaretti)

“Io sono un istrione ed ho scelto oramai la vita che farò…”
(L’istrione – C. Aznavour)

“Amore e morte non si sa cosa decidano per te…”
(I colori di Dicembre – G.Calabrese P. Donaggio)

“…Chi sei fuggitivo che dilegui nel sole che muore?”
(Oggi, chi sei? – Elisa Plebani Faga)

“Caro amico mio son qui che ti piaccia o no…”
(L’indifferenza – Plinio Maggi)

“La notte era chiara la strada era sicura…”
(Coraggio e paura – Corrado e Camillo Castellari)

Grazie, a presto.

Cristian

La grande bellezza

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La grande bellezza

“Questa piega mi fa schifo”

“Vorrei fare il colore, anzi no solo qualche colpo…anzi no solo le punte…anzi…un attimo…”

“No io questo prodotto non lo voglio mi secca troppo il capello”

“Uffa queste doppie punte possibile non ci sia nulla da fare?”

….

Passi 30 minuti dal mio parrucchiere, osservi, le vedi in gruppo che giocano a chi si lamenta meglio, a chi elargisce il suo dramma del giorno che passa da una doppia punta ad una tinta da scegliere.

Esattamente 30 minuti prima sei da G., 30 anni, un bel viso, bianco, quasi trasparente ed una chioma da leonessa. “Una parrucca da leonessa” dice lei, che rispetta il suo animo e la sua voglia di combattere contro la malattia che la sta portando alla morte. Si lamenta G., ha la nausea, il dolore arriva all’improvviso e deve parlare con il suo bambino, gli deve dire che é ammalata. Sorride quando si toglie la parrucca ed é bellissima. Sorride toccandosi la testa pelata, ci scherza e si prende in giro. Lei, G. non ha il dramma della tinta o delle doppie punte. Anzi, per assurdo lei non sta vivendo alcun dramma, al contrario di chi dovrebbe, prima di lamentarsi a sproposito, riflettere e conoscere queste chiome da leonesse nella speranza di capire cosa sia la vera bellezza della vita: la vita stessa.

Cristian