La ricerca della mamma. Dal primo vagito all’ultimo respiro: la ricerca di quel luogo sicuro e pieno d’amore.

Mamma, Madre: dalla nascita alla morte la ricerca ancora una volta di quel luogo sicuro e pieno d’amore. Il primo vagito. Quel verso pieno d’amore e di disperazione, atteso con ansia da ogni genitore in sala parto. Piange, dunque respira, dunque vive. Spesso e volentieri penso e ho pensato a quel primo grido d’aiuto, al vero significato oltre a quello puramente clinico (il passaggio da un ambiente protetto ad uno completamente nuovo e il primo contatto con l’aria esterna). Ci ho pensato poiché, forse pontificando un po’, quel primo richiamo non é nient’altro che la ricerca, di nuovo, della madre. Uso il termine madre inteso come luogo protetto, un luogo senza dolore, sicuro, caldo e pieno di attenzioni. L’utero materno, del quale per ovvi motivi non possiamo averne ricordo mnemonico, é l’habitat ideale per ogni individuo.

So che vi state chiedendo il perché è soprattutto dove voglio arrivare. La madre, la mamma, nel 90% dei casi o forse più viene sempre invocata, chiamata, cercata poco prima di morire. Chi con lucidità chi con meno vigilanza é Colei che sempre si cerca. “Mamma, aiutami, dove sei?; l’ho vista stanotte… Ect ect”
La fredda analisi ci porrebbe di fronte ad un delirio o comunque ad uno stato confusionale che riporta il soggetto alle cose care e ferme della propria esistenza.
A me piace pensare che quel richiamo, quel vedere di nuovo una mamma che non c’è più, quel grido di aiuto sia molto semplicemente la ricerca, di nuovo, di quel sicuro habitat lontano da ogni tipo di sofferenza, di dolore fisico e non, di paura; che sia la voglia di sentire quel tepore che solo la mamma ci poteva offrire, quella sicurezza che solo lei ci poteva infondere. Ripeto, la mamma é quasi sempre presente nella persona morente che l’ha già persa. È comunque li. Come era lì ad ascoltare ed accogliere quel primo vagito ora accoglie un grido di aiuto o semplicemente un richiamo alle origini. E dunque, ancora, grazie mamma!

Cristian

Cure Palliative: cosa porto a casa oggi?

 

Schaeffer-Kriegsgefangene

Venerdi 31 Gennaio 2014
Ore 21:49
Diario di bordo

Soffrire oggi, ricordando il passato.

Ettore è magro. Molto magro. Ogni giorno, sembrerebbe ogni ora, ancora più magro. Cachessia in termine tecnico. Lui molto semplicemente la chiama in un altro modo: “il mio campo di lavoro”. Già, perché Ettore ha vissuto i campi di lavoro in Germania e lui era fortunato, poiché potendo lavorare, veniva perlomeno nutrito quel poco che bastava. Ma la magrezza di chi era destinato a ben altra fine faceva da contorno alle sue giornate e soprattutto alle sue nottate. Il rumore dei denti che masticavano a vuoto durante la notte, nel sonno per la fame è un suono che non si dimentica. E che non si può descrivere.

Ettore non si pesa più. Accetta la malattia, ne è consapevole, ma quella magrezza lo riporta indietro nel tempo, in quel luogo, in quei mesi di fatica e di dolore. Non fosse per quel ricordo le ossa sporgenti darebbero meno fastidio ai suoi occhi che diventano lucidi ogni volta che uno specchio incontra quel corpo che non sente più suo, che nemmeno la malattia è riuscito a scalfire così profondamente come il ricordo buio di quel periodo che riemerge con dolore. Un malessere profondo, un legame con quei luoghi fatti solo di atrocità. Ettore non riesce più a guardarsi. Non vede la sua immagine nello specchio. Vede solo il dolore di chi, in quei giorni, dimagriva sempre di più sino a scomparire.

Perché in quei luoghi si era già morti prima di morire.

Cristian

Cure palliative: cosa porto a casa oggi? Il sorriso di Livio

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Cosa porto a casa oggi?

Diario di bordo.
Lunedi 27 Gennaio 
ore 21:44

La forza di un sorriso. La bellezza di un viso allegro. La menzogna a se stessi. E’ così che Livio affronta uno dei sintomi più terribili che spesso i nostri pazienti si trovano ad affrontare: la difficoltà respiratoria, la dispnea in termine tecnico. Livio risponde con un meraviglioso sorriso alla domanda “Come va il respiro?” ; è evidente che quel sorriso nasconde a noi tutti, ma soprattutto a se stesso, la realtà. Spesso si sfugge anche di fronte all’evidenza di un sintomo pienamente percettibile e non di certo psicosomatico. Livio respira male, ma sorride e dice che va tutto bene. Se lo dice a se stesso e lo trasmette alla famiglia. Vuole proteggerli e proteggersi chissà fino a quale limite. Un confine che spesso non è il sintomo a decidere ma il paziente stesso. Personalità forti, combattive o al contrario più arrendevoli lottano o meno in maniera differenti. E fingono a se stessi pur di andare avanti.
Ma una bugia espressa con un sorriso è una bellissima bugia, anche perché Livio sa che quando quel confine verrà superato noi saremo li con lui. E sorriderà ancora.

Cristian

 

Quando hai la morte di fianco

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Inauguro questo piccolo spazio con un grande dono che sarà inserito anche nel mio libro. Uno scritto che mi regalò un mio carissimo paziente qualche mese prima di andarsene. Non mi stanco mai di leggerlo e credo sia una grande lezione per tutti.

Quando hai la morte di fianco… (di Dario Cremaschi)

… Non senti proprio bisogno di altri intorno o forse vorresti tutto il mondo. La cosa più strana è che ti sembra di non essere più solo. La presenza è forte anche se intangibile e la dimensione del tempo e delle persone e luoghi che ti circondano cambiano proprio in funzione di questo.

Tendiamo,molto spesso,a non volerne parlare e a mantenere quel bon-ton che ci fa apparire così…Padroni della situazione o superiori. Gli altri poi, si quelli che prima ti frequentavano, o si eclissano come per paura di essere contaminati o coinvolti, o evitano di parlare di Fine ma unicamente che ce la farai; Tu la guardi e Lei ti sorride e siccome la vedi solo tu, per non metterli in imbarazzo, non gli ribatti sulla ridicolaggine delle asserzioni.

E le persone che amiamo e che ci amano? Grande confusione: qui bisogna veramente capire cos’é l’Amore e Lei la Morte, che é concreta e reale, lo sa. Così scopri che il dolore é intimamente il frutto di una privazione che verrà apportata proprio quando te ne andrai.

Ed allora cosa fare: beh cercare di inviare un Inno alla Vita, che non è in antitesi con la Morte ma sono fuse insieme, nella magica essenza di una strana dimensione ove solo con un serio uso del cuore e (perché no) del sesso si riesce a capire cosa conta veramente.

Abbandona gli egoismi,cerca di Capire e gustati ciò che senti Vero senza dimenticare ne banalizzare. Divertiti e frequenta persone e luoghi che divertono magari creandoli tu così. Allora Vita e Morte ti abbracceranno come i migliori amici che potresti mai immaginare.

Le sensazioni, le paure e il coraggio che esprime Dario nel suo vissuto sono le stesse che incontro tutti i giorni. Lui è riuscito, vivendole, a trasformarle in parole e per questo non smetterò mai di ringraziarlo.

Cristian